Olio di palma: Protagonista della perdita di biodiversità e specie in pericolo critico di estinzione.

“La filiera dell’olio di palma ha generato conflitti sociali, economici e ambientali. Ha causato il degrado degli ecosistemi, delle foreste, delle torbiere.

l’olio di palme è stato il protagonista della perdita di biodiversità, a partire dalle specie in pericolo critico di estinzione.

Ha determinato violazioni dei diritti umani delle comunità locali”. A scriverlo nero su bianco non è più solo il Movimento 5 Stelle, ma anche la commissione ENVI (ambiente) del Parlamento europeo che accoglie alcuni specifici emendamenti.

Grazie al lavoro dei portavoce, sia in Europa sia alla Camera e Senato, l’unica istituzione comunitaria eletta direttamente dai cittadini si è schierata una volta per tutte contro l’olio di palma e, di conseguenza, contro gli immensi interessi che ruotano attorno a questo prodotto. Ma non è finita qui, perché la relazione votata oggi contiene altri punti di notevole interesse che appoggiano e seguono la linea tracciata dal Movimento 5 Stelle da tempo.

Ve ne riassumiamo dieci punti salienti:
    1. necessità di chiedere il congelamento delle superfici coltivate a palma da olio e di introdurre una moratoria sulle nuove concessioni, nell’ambito delle relazioni che l’Unione e gli Stati membri intrattengono con i paesi produttori;
    1. la produzione di olio di palma deve rispettare la Convenzione ONU sulla biodiversità (CBD), la Convenzione sul controllo del commercio internazionale di specie in pericolo (CITES), la Dichiarazione ONU sui diritti delle popolazioni indigene (UNDRIP);
    1. l’indisponibilità di dati certi sulle aree adibite alla coltivazione di palma da olio rappresenta un ostacolo che sminuisce a priori qualsiasi tentativo di certificare l’olio di palma sostenibile (sancita l’inefficacia dei sistemi di certificazione esistenti, es. RSPO che di fatto non riescono a impedire ai loro membri di convertire foreste e torbiere in aree coltivate);
    1. il massiccio uso di olio di palma è stato incentivato dal suo bassissimo costo, reso possibile dall’incremento incontrollato delle piantagioni di palma da olio coltivate sulle superfici deforestate;
    1. l’utilizzo dell’olio di palma nell’industria alimentare risponde ad un modello massificato e non sostenibile di produzione e di consumo, antitetico all’utilizzo e alla promozione di ingredienti e prodotti biologici, di qualità e a chilometro zero;
    1. si richiedono maggiori sforzi della Commissione e degli Stati membri nell’attuazione del Regolamento sul Legname per vedere se potrebbe “ispirare” una proposta legislativa europea finalizzata a regolamentare il commercio di olio di palma;
    1. è necessario elaborare “criteri minimi di sostenibilità” per l’olio di palma che entra in UE in attesa che si metta a punto un unico sistema di certificazione di sosteniblità;
    1. si invita a mettere a punto e applicare in maniera non discriminatoria barriere tariffarie e non basate sull’impronta di carbonio dell’olio di palma, per meglio riflettere/compensare i costi ambientali della sua produzione, ad esempio in termini di emissioni di CO2 in atmosfera;
    1. è necessario garantire la coerenza delle politiche dell’UE nella loro dimensione esterna (es. politica agricola comune – PAC e politica commerciale), affinché non causino direttamente o indirettamente la deforestazione delle foreste pluviali;
  1. urge vietare l’utilizzo dell’olio di palma come ingrediente dei biocarburanti entro il 2020.
Olio di palma: perché si usa nei prodotti alimentari

Molte aziende usano questo grasso vegetale in diversi prodotti alimentari. Le ragioni sono di ordine economico, ma anche legislativo.

  • si comprimono i costi di produzione: il prezzo dell’olio di palma è molto basso rispetto alle alternative come margarina, olio di oliva e di altri oli vegetali.
  • garantisce conservabilità: tantissimi prodotti da forno durano molto più a lungo, senza alterarsi.
  • resiste alla temperatura e all’irrancidimento: gli alimenti restano più morbidi, più umidi, che si mantengono comunque freschi, specie se farciti con creme varie, così da ricorrere ad un packaging semplice e poco costoso.
  • elimina l’alcool: non si deve ricorrere all’alcool per prevenire muffe nei prodotti da forno.
  • dona struttura e consistenza: sia negli alimenti da forno che nelle creme sono i grassi saturi (quelli semisolidi come il burro o la margarina) a dare struttura e consistenza, mentre gli oli vegetali sono insaturi e liquidi, poco adatti per stabilizzare. Solo l‘olio di palma, pur di origine vegetale, contiene grassi saturi (palmitico, stearico e laurico) come quelli del burro.
  •  è insapore: non altera il gusto dell’alimento, mentre altri oli come quello di oliva danno un retrogusto che prevale sul sapore dolce.
  • è in regola con le norme sui grassi idrogenati: dopo l’entrata in vigore delle nuove  normative dell’Organizzazione mondiale della sanità sui grassi idrogenati, l’industria alimentare impiega sempre più grassi vegetali alternativi. considerati più sicuri rispetto alle margarine e altri grassi vegetali, nocivi perché fonte di grassi trans.

Olio di palma: le buone notizie

In questo quadro tutt’altro che rassicurante c’è per fortuna anche una buona notizia:

  • il dossier ha rilevato un dimezzamento dei livelli di Ge negli oli e grassi di palma tra il 2010 e il 2015, grazie a quelle misure adottate volontariamente dai produttori, diminuendo l’esposizione dei consumatori a queste sostanze nocive.
  • Il gruppo scientifico ha espresso una serie di raccomandazioni per fare ulteriori ricerche e colmare le lacune nei dati e approfondire le conoscenze sulla tossicità di queste sostanze (in particolare di 2mcpd) e sull’esposizione dei consumatori.

In attesa di questi progressi la palla passa ora ai gestori del rischio della Commissione europea e degli Stati membri, chiamati a regolamentare la sicurezza alimentare.

Questo dossier aiuterà a capire alla UE come gestire i potenziali rischi per i consumatori, che tramite l’alimentazione si ritrovano esposti a tali sostanze.

E in Italia?

In Italia già si muove qualcosa. Alla luce del pronunciamento dell’EFSA, il ministro della Salute italiano ha chiesto al commissario europeo per la salute e la sicurezza alimentare, di avviare con urgenza l’esame della questione all’interno dei gruppi tecnici.

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