È il primo trattamento approvato sia per l’una sia per l’altra di queste due forme di sclerosi multipla , che , nel loro complesso, riguardano gran parte dei casi di questa patologia. In particolare, il farmaco ha dimostrato nelle sperimentazioni cliniche di ridurre i nuovi attacchi nella forma recidivante remittente e i nuovi sintomi nella primariamente progressiva.
La Fda (Food and Drug Administration) americana ha dato la sua approvazione all’ocrelizumab, una nuova molecola per la terapia sia della forma recidivante-remittente di sclerosi multipla sia di quella primariamente progressiva
Gli studi
Nel dettaglio, le richieste di autorizzazione erano basate sui risultati di tre studi di fase III (sperimentazione allargata, sull’uomo, per valutare l’efficacia). Due di questi studi (Opera I e Opera II) sono stati condotti su persone affette da sclerosi multipla recidivante-remittente e hanno indicato la capacità di ridurre i tassi di recidiva su base annua e la progressione della disabilità sostenuta per almeno tre e sei mesi rispetto al trattamento con interferone beta-1a. Lo studio Oratorio invece ha coinvolto pazienti con forma primariamente progressiva indicando la possibilità del medicinale di ridurre la progressione di disabilità per almeno tre e sei mesi rispetto al placebo (farmaco “finto” usato come termine di paragone). Gli eventi avversi più spesso segnalati sono state reazioni infusionali e infezioni lievi. Il farmaco, che negli Stati Uniti costerà 65 mila dollari all’anno, agisce nei confronti di un particolare tipo di globuli bianchi, i linfociti B, che servono a combattere le infezioni ma che possono “attaccare” l’organismo quando “funzionano male” ( il sistema nervoso nel caso della sclerosi multipla).
Verifiche
Amit Bar-Or , del Neurological Institute and Hospital della McGill University di Montreal, che ha partecipato agli studi sul farmaco, ha sottolineato che i risultati delle sperimentazioni sono da considerarsi molto interessanti anche per capire meglio il ruolo dei linfociti B nella malattia «Penso che se non ci saranno problemi di sicurezza questa terapia potrebbe diventare importante per la sclerosi multipla»ha dichiarato al New York Times Steven L. Galetta, capo del dipartimento di neurologia al NYU Langone Medical Center, esperto di sclerosi multipla non coinvolto nelle sperimentazioni. «Ma la comunità medica dovrà verificare con attenzione come si comporterà il farmaco una volta impiegato su larga scala».
Di Leonardo Pietro Moliterni