La sua carenza è talmente frequente da essere considerata un’epidemia silenziosa. È la vitamina D, un vero toccasana per la nostra salute.

I soggetti a maggior rischio di carenza sono:

I soggetti a maggior rischio di carenza sono:

  • neonati allattati al seno  in quanto il latte materno è di norma poco ricco di vitamina D
  • anziani, in cui la pelle non è più in grado di sintetizzarla efficacemente e spesso seguono una dieta insufficiente dal punto di vista nutrizionale,
  • soggetti con pelle scura, che ha una minor capacità di sintesi della vitamina,
  • persone con determinate condizioni che impediscono un corretto assorbimento con la dieta, come ad esempio la celiachia , le malattie del fegato, fibrosi cistica e il  morbo di Crohn
  • soggetti obesi, in cui il grasso corporeo in eccesso lega la vitamina prevenendo il passaggio nel sangue,
  • soggetti che hanno subito un intervento di bypass gastrico,
  • alcolisti, perché l’alcolismo  cronico diminuisce le riserve di vitamina D nel fegato.

È particolarmente difficile fornire delle indicazioni precise per la vitamina D per la popolazione italiana perchè, a meno di condizioni particolari, l’esposizione alla luce solare dovrebbe essere in genere più che sufficiente a coprire le richieste dell’organismo. In ogni caso, per coloro che per qualsiasi motivo non possano godere di una sufficiente sintesi, il fabbisogno raccomandato previsto dai LARN  è di

  • 10 μg al giorno per i neonati,
  • 15 μg per bambini e adulti,
  • 15 μg per donne in gravidanza o che allattano,
  • 20 μg per uomini e donne con 75 anni o più.

Integratori e farmaci

Nei soggetti in cui non sia possibile raggiungere una produzione sufficiente di vitamina D, e quando attraverso la dieta non si riesca a compensare, è possibile procedere a un’integrazione attraverso la prescrizione di numerosi farmaci e/o integratori

In questi casi si raccomanda di attenersi scrupolosamente alle indicazioni del medico, che suggerirà la dose in base alla gravità della carenza e agli altri fattori di rischio; si raccomanda di assumere sempre la vitamina D durante i pasti, essendo una vitamina liposolubile viene assorbita più efficacemente se a livello intestinale sono presenti grassi. Utile anche contare le gocce, quando viene prescritta questa forma, su un pezzo di pane.

Esistono anche formulazioni iniettabili, ma sono in genere limitate ai casi di carenza più grave e/o ai casi di malassorbimento.

Rachitismo

Il rachitismo  si sviluppa nei bambini con deficit di vitamina D dovuto a

  • una dieta carente,
  • una mancanza di luce solare
  • o entrambi.

Anche i bambini nutriti solo con latte materno (senza supplementi di vitamina D) possono sviluppare il rachitismo, per questo viene consigliata alle mamme la somministrazione di un integratore (Ditrevit o analoghi).

Anche se oggi è raro, in parte grazie alla disponibilità di latte arricchito con vitamina D, c’è stato un recente incremento del rachitismo nei bambini che vivono in latitudini con periodica mancanza di luce solare stagionale.

Osteomalacia (rachitismo degli adulti)

Gli adulti con deficit severo di vitamina D perdono il contenuto minerale osseo (“ipomineralizzazione”) e avvertono

  • dolore alle ossa,
  • debolezza muscolare,
  • osteomalacia (fragilità ossea).

L’osteomalacia può essere riscontrata tra

  • pazienti anziani con diete carenti in vitamina D,
  • soggetti con ridotto assorbimento di vitamina D o con inadeguata esposizione solare (come quelli che vivono in latitudini con mancanza stagionale della luce solare),
  • pazienti con precedenti di chirurgia gastrica o intestinale,
  • soggetti con malattia ossea alluminio–indotta, con patologia epatica, o con patologia renale con osteodistrofia renale.

Il trattamento per l’osteomalacia dipende dalla causa sottostante alla malattia e spesso include il controllo del dolore e un intervento chirurgico ortopedico, cosi come la vitamina D e gli agenti leganti il fosfato .

Cibi e alimenti: dove si trova?

Purtroppo sono pochi gli alimenti naturalmente ricchi di vitamina D, tra cui ricordiamo:

  • pesci grassi come salmone, tonno e sgombro sono probabilmente le fonti migliori,
  • fegato di manzo, formaggi grassi, burro, e tuorli,
  • in minima parte i funghi.

L’olio di fegato di merluzzo, in particolare, ne è ricchissimo.

Per ovviare a questo problema diventa indispensabile sfruttare l’altro meccanismo che l’evoluzione ci ha messo a disposizione per evitare la carenza di vitamina D, ossia l’esposizione al sole.

Il corpo è in grado di produrla quando la pelle è esposta direttamente al sole e la maggior parte delle persone riescono a coprire il fabbisogno giornaliero in questo modo, anche se:

  • la pelle esposta alla luce del sole in casa attraverso una finestra non produrrà vitamina D
  • l’esposizione nei giorni nuvolosi riduce la stimolazione,
  • avere la pelle scura riduce la produzione.

Anche l’utilizzo di lettini abbronzanti permette un’adeguata sintesi, ma anche in questo caso ovviamente l’esposizione va limitata, per non incorrere in rischi di tumore alla pelle.

Le persone che evitano il sole o che proteggono la pelle con indumenti lunghi dovrebbero includere nella dieta alimenti adeguati, o ricorrere all’integrazione.

Sempre più esperti consigliano  di valutare un’integrazione durante l’inverno, per supplire alla ridotta esposizione al sole.

1 Comment

  • Keshawn
    Posted Agosto 4, 2018 3:14 am 0Likes

    I think you’ve just captured the answer pefrlctey

Commenta

shares