.
Gli anticorpi monoclonali costituiscono un’arma importante nella terapia antiCOVID19 e su questo argomento nelle più autorevoli riviste scientifiche internazionali, tra cui Nature, Science, New England Journal of Medicine, Lancet ed altre nelle ultime settimane sono stati pubblicati molti studi.
Il vaccino e gli anticorpi monoclonali sono due strade complementari per combattere la diffusione del virus e curare le persone infette e finchè non sarà disponibile un vaccino su larga scala gli anticorpi monoclonali potrebbero avere un ruolo terapeutico strategico.
Per quanto riguarda i vaccini antiCovid19 nel mondo sono oltre 200 i progetti di cui alcuni in fase molto avanzata (la cosiddetta fase 3) e l’Italia è in primissima fila con più vaccini tra cui quello in fase avanzata che viene praticato soprattutto ad Oxford su 5000 volontari e l’altro in corso presso l’Ospedale Spallanzani di Roma.
Sono invece solo una decina i gruppi di ricerca che stanno portando avanti sperimentazioni sugli anticorpi monoclonali . Si tratta di anticorpi “copie” di quelli identificati nei pazienti convalescenti o guariti da Covid 19 ma hanno la peculiarità di essere prodotti in laboratorio.
Gli anticorpi monoclonali umani, prioritariamente utilizzabili come terapia nei pazienti affetti da Covid 19, potranno essere impiegati anche come profilassi passiva in tutte quelle persone sane ma potenzialmente più esposte al rischio come operatori sanitari,
in particolare medici, che, soprattutto nelle prime ondate del virus tra marzo ed aprile 2020, sono deceduti in oltre 170 unità tra quelli impegnati negli ospedali e nei territori come i medici di famiglia.
E’ importante non fare confusione tra plasma iperimmune ed anticorpi monoclonali perché le strategie sono diverse.
Nel plasma dei pazienti guariti da Covid19 si trovano “migliaia” di tipi diversi di anticorpi, definiti “policlonali” mentre quelli monoclonali sono anticorpi specifici, selezionati in laboratorio ed in grado di proteggere in modo “specifico” come “proiettili” anti virus SARS-COV-2 i soggetti a cui vengono somministrati.
Gli anticorpi “monoclonali” non sono l’equivalente di un vaccino: quest’ultimo, quando sarà disponibile, verrà iniettato a persone sane inducendo l’organismo a sintetizzare e produrre ,dopo alcune settimane dalla somministrazione, cellule immunitarie ed anticorpi, mentre i monoclonali sono come ‘squadre speciali’, tipo “marines” che vengono somministrate per colpire, come un proiettile di precisione, il virus Sars Cov 2.
In breve la somministrazione di anticorpi “monoclonali” (mAb) fornisce una protezione immediata, senza dover aspettare la stimolazione dell’intero sistema immunitario come avviene per i vaccini, che impiega in genere almeno un mese mentre i monoclonali agiscono subito.
Inoltre, gli individui più anziani e fragili e quelli con condizioni di comorbidità sottostanti (diabete, patologie immunologiche, ecc) potrebbero non generare una risposta protettiva robusta dopo la vaccinazione, e soprattutto in questi può essere utile la somministrazione degli anticorpi monoclonali per fornire una protezione efficace.
In Italia ci sono laboratori leader in Europa in queste ricerche. A Siena, il Mad Lab (Monoclonal Antibody Discovery) della Fondazione Toscana Live Sciences diretto dal Prof Rino Rappuoli, un “genio” della ricerca immunologica applicata alla clinica, in collaborazione con INMI Spallanzani di Roma, ha selezionato una linea di anticorpi monoclonali .“Siamo i primi in Europa in questa sperimentazione ,dicono i ricercatori di Siena e, su oltre 4.000 candidati, ottenuti dal sangue di pazienti convalescenti o guariti da Covid 19 ,siamo riusciti a selezionare accuratamente tre tipi di anticorpi .” In breve Il vaccino e gli anticorpi monoclonali sono due strade complementari per combattere la diffusione del virus e curare le persone infette.
L’approccio con anticorpi monoclonali umani, oltre che come terapia nei pazienti Covid 19, potrà comunque essere impiegato come profilassi passiva in tutte quelle persone sane ma potenzialmente più esposte al rischio, soprattutto nel contesto sanitario ospedaliero”. I costi di produzione degli anticorpi monoclonali sono molto elevati per la complessità dei processi produttivi industriali, ma si è riusciti a passare da migliaia di dollari a grammo, a circa 100-200 dollari a grammo (per un trattamento si parla di dosi dieci volte inferiori al grammo), in uno scorcio di tempo impensabile. Grazie all’ enorme avanzamento tecnologico e scientifico, e alle ormai ben definite linee di produzione e regolamentazione, è stato possibile ridurre drasticamente i costi e le tempistiche di produzione degli anticorpi monoclonali.
Inoltre, data la grande potenza di questi anticorpi si punta ad usare dosi molto piccole per ogni individuo mantenendo la loro efficacia e riducendone così le quantità necessarie di produzioni. Va anche detto che un trattamento di questo tipo dovrebbe proteggere per circa 3 settimane, periodo di tempo di stabilità accettata in genere per gli anticorpi, anche se nei laboratori toscani “gli anticorpi monoclonali sono stati ingegnerizzati per estendere la loro vita e persistere fino a 6 mesi, continuando così a proteggere il paziente – dice la ricercatrice Emanuela Andreano del gruppo di lavoro toscano – e in pochi mesi miriamo a portare i nostri anticorpi candidati in sviluppo clinico e nella fase di sicurezza-tollerabilità nei pazienti”.
Rimane da dimostrare la loro efficacia in vivo: un trattamento di questo tipo, in linea teorica, può funzionare sul 100% dei pazienti come sul 50%. Questo non lo si sa ancora ed occorre attendere i risultati degli studi clinici, alcuni dei quali sono già in corso nel mondo. Il basso tasso di mutazioni del virus e del recettore umano ACE2 fanno essere ottimisti. L’esperienza con Ebola, malattia con il 75% di mortalità, ha dimostrato che il trattamento con anticorpi monoclonali, soprattutto nelle prime fasi dell’infezione, produce una riduzione della mortalità fino al 50% dei pazienti trattati. In Europa, come abbiamo accennato, l’Italia è il paese molto in avanti nelle sperimentazioni sugli anticorpi monoclonali mentre negli Stati Uniti sono due i gruppi principali che stanno conducendo studi clinici in tal senso, la Regeneron e la Ely Lilly. Quest’ultima ha appena annunciato l’avvio di uno studio di Fase III che indagherà efficacia e sicurezza dell’anticorpo monoclonale LY-CoV555 nei residenti e nel personale di strutture di assistenza a lungo termine , soprattutto per anziani (RSA).
Anche il gruppo con sede a New York – Regeneron – sta conducendo studi clinici di fase avanzata sull’uomo per valutare l’efficacia dell’anticorpo “selezionato” nel trattamento e nella prevenzione del Covid19.
In sintesi allo stato attuale possiamo dire che diversi anticorpi monoclonali stanno entrando nelle fasi avanzate cliniche di sperimentazione e nelle prossime settimane saranno valutati per la loro capacità di contrastare o anche solo di limitare l’infezione da Sars-CoV2. Sicuramente gli anticorpi monoclonali costituiranno una nuova arma importante nella lotta della medicina contro il Covid19.
Gennaro D’Amato Pneumologo e AllergoImmunologo