Presentato con uno studio internazionale a firma UNIFI un nuovo antibiotico nanostrutturato per il trattamento di infezioni batteriche resistenti agli antibiotici tradizionali.
Attualmente quasi 700 mila persone muoiono ogni anno nel mondo a causa di infezioni dovute a batteri diventati resistenti ai farmaci. E se non si troverà il modo di fermare i super batteri i decessi potrebbe diventare più di 10 volte tanti entro il 2050.
Il rischio concreto è che in pochi anni le infezioni ritornino a essere lo spettro più temuto dall’uomo come è stato per secoli, fino all’avvento degli antibiotici.
Il nuovo antibiotico, presentato dai ricercatori sulle pagine della rivista Scientific Reports, sembra per il momento promettente. «I vantaggi rispetto agli antibiotici tradizionali sono principalmente due: il fatto che i normali meccanismi di resistenza che il batterio può sviluppare sono inefficaci nei confronti degli oligonucleotidi e la possibilità di modificare facilmente gli oligonucleotidi stessi per renderli attivi contro diversi target all’interno dello stesso batterio o su batteri diversi», dice ancora Berti. «L’antibiotico può essere, quindi, modulabile per essere utilizzato in modo generale, per il trattamento di batteri Gram-negativi e Gram-positivi, cambiando in maniera opportuna l’oligonucleotide».
La ricerca, pubblicata su Nature Scientific Reports (Antimicrobial Nanoplexes meet Model Bacterial Membranes: the key role of Cardiolipin; DOI: 10.1038/srep41242) è frutto del lavoro di un team, coordinato da Debora Berti e da Costanza Montis, del Dipartimento di Chimica dell’Ateneo, cui hanno collaborato la School of Pharmacy e la School of Medicine della University of East Anglia (Norwich, UK), Procarta Biosystems Ltd (Norwich, UK), nell’ambito del progetto europeo IAPP (Marie Curie Industry-Academia Partnerships & Pathways) DNA TRAP (Delivery of Nucleic Acid-Based Therapeutics for the Treatment of Antibiotic-Resistant Pathogens).
“Una delle sfide della medicina di oggi – commenta Debora Berti – è legata al trattamento delle infezioni batteriche: gli antibiotici tradizionali sono progressivamente sempre meno attivi e numerosi ceppi batterici hanno sviluppato meccanismi di resistenza nei loro confronti. A fronte di ciò – aggiunge Berti – la scoperta di nuove molecole con proprietà antibiotiche è diminuita nel tempo, e la loro disponibilità sul mercato è inadeguata. In questo contesto è quindi essenziale lo sviluppo di nuovi antibiotici, di formulazione innovativa, che siano versatili e applicabili per il trattamento di infezioni batteriche di diversa origine, e che superino i meccanismi di resistenza batterica. Nel nostro caso la strada della sperimentazione è ancora lunga – avverte la ricercatrice – ma su modelli animali è stata già dimostrata l’efficacia del nano-antibiotico nel trattamento di infezioni da Clostridium Difficile”.
Il nuovo antibiotico nano-strutturato è costituito da due componenti: uno capace di interagire con la membrana dei batteri destabilizzandola (si tratta di una molecola cationica, formata da uno ione con carica positiva) e l’altro in grado di interferire con i meccanismi di trascrizione del DNA (un oligonucleotide, breve frammento di un acido nucleico). I due componenti si combinano a formare una nano-particella, detta “nanoplex”, di circa 160 nanometri di diametro.
“I vantaggi, rispetto agli antibiotici tradizionali – spiega Debora Berti – sono principalmente due: il fatto che i normali meccanismi di resistenza che il batterio può sviluppare sono inefficaci nei confronti degli oligonucleotidi e la possibilità di modificare facilmente gli oligonucleotidi stessi per renderli attivi contro diversi target all’interno dello stesso batterio o su batteri diversi. L’antibiotico può essere, quindi, modulabile per essere utilizzato in modo generale, per il trattamento di batteri Gram-negativi e Gram-positivi, cambiando in maniera opportuna l’oligonucleotide”.