Big Food sapeva da 12 anni che l’olio di palma usato negli alimenti porta con sé contaminanti tossici e cancerogeni. Dai documenti delle autorità e delle multinazionali del cibo emerge chiaramente che i rischi correlati al consumo dello scadente grasso vegetale erano noti. Che se ne è parlato a lungo in quegli ambienti, ma senza porre rimedio.
A diffondere le slide del Palma-Leaks è GIFT Great Italian Food Trade, un portale web in 8 lingue, che promuove nel mondo il cibo made in Italy di qualità, sostenibile e accessibile. “Non serve scomodare Julian Assange, basta una breve ricerca sul web per scoprire che Big Food sapeva dei rischi correlati al consumo di olio di palma. Tuttavia, all’insegna del maggior profitto, ne ha incrementato l’utilizzo, raddoppiandolo in pochi anni”, dice il fondatore del portale, Dario Dongo, avvocato esperto di sicurezza alimentare, autore della petizione per bandire ol’olio di palma dagli alimenti, lanciata assieme al Fatto alimentare e sostenuta da 176mila firme.
Le prove raccolte da GIFT parlano chiaro. La prima traccia sulla tossicità del palma risale al 2004, quando l’Università di Praga descrive la presenza di contaminanti tossici (3-mpcd) negli alimenti trasformati. Dopo tre anni il Centro per la sicurezza alimentare di Stoccarda (CVUA), analizza 400 alimenti e scopre livelli significativi di contaminanti tossici nei prodotti contenenti olio di palma (prodotti per l’infanzia, cracker e barrette). Lo stesso anno, l’Autorità tedesca per la sicurezza alimentare evidenzia la necessità di ridurre le sostanze cancerogenere negli alimenti per la prima infanzia.
A livello industriale, l’eco si manifesta 7 anni fa. Nel 2009, in due occasioni, i rappresentanti di Nestlé espongono ai convegni di categoria i rischi correlati all’olio tropicale. Gli atti di un convegno organizzato da Ilsi, un centro di ricerca di Bruxelles finanziato dalle multinazionali dell’alimentare, documentano che la presenza di contaminanti tossici è particolarmente elevata nell’olio di palma raffinato. Tutti sapevano. Ma hanno continuato a impiegare dosi sempre maggiori del pericoloso grasso tropicale, senza risolverne le criticità.
A farle emergere è stata l’Agenzia europea per la sicurezza alimentare (Efsa), che meno di due settimane fa, il 3 maggio 2016, ha pubblicato un corposo dossier in cui avverte che i contaminanti presenti nell’olio di palma sono cancerogeni e genotossici (i danni al Dna si trasmettono alla eventuale prole).
Per uno di questi (3-mcpd) l’Efsa ha fissato una soglia di tollerabilità di 0,38 microgrammi per chilo di peso corporeo: una dose oggi ampiamente superata dalla popolazione, in particolare da bambini, adolescenti e persino lattanti.