Uno studio condotto da AISM analizza per la prima volta tutti i fattori che ostacolano o facilitano l’inserimento e il mantenimento del lavoro. La ricerca è stata pubblicata su ‘Neurological Science’
La sclerosi multipla, che spesso viene diagnosticata nell’età giovanile, ha un forte impatto sulle abilità lavorative di una persona. La riduzione della capacità lavorativa aumenta il rischio di guadagnare di meno, rende necessario diminuire tempi e modi dell’attività professionale, obbliga talora ad andare in prepensionamento e ha anche un impatto sulle opportunità di socializzazione, sull’organizzazione e quindi sulla qualità della vita quotidiana.
Per la prima volta uno studio scientifico ha valutato in modo sistematico i problemi delle persone con SM nel mantenere il posto di lavoro e i fattori che, viceversa, possono favorire la possibilità di continuare a lavorare anche dopo la diagnosi. La ricerca, condotta dall’AISM attraverso la sua Fondazione, FISM, è stata ora pubblicata su Neurological Science. Ha coinvolto 1016 persone con SM occupate e 756 disoccupate da non più di 5 anni, cui è stato autosomministrato un apposito questionario che ha raccolto informazioni demografiche, cliniche e variabili collegate all’attività lavorativa.
È la prima ricerca che effettua in modo sistematico una valutazione dei diversi fattori potenzialmente associati allo stato occupazionale nelle persone con SM, analizzando più di 100 fattori, 56 negativi e 49 positivi, collegabili al mantenimento del lavoro.
Il 31,8% degli occupati che hanno partecipato alla ricerca ha dovuto ridurre il numero di ore lavorative, il 27,4% ha dovuto cambiare lavoro. La metà di chi ha cambiato lavoro ha visto ridurre lo stipendio per quasi metà dell’importo percepito (-43%).
L’indagine tra le persone con SM disoccupate, inoltre, ha evidenziato che circa la metà (48,5%) percepisce oggi una pensione di invalidità. Prima di perdere il lavoro, il 31,7% degli attuali disoccupati aveva dovuto cambiare lavoro o mansione e la metà di questi (48%) aveva già avuto una riduzione del 40% dello stipendio.
Lo studio
I 105 fattori individuati e correlati all’attività lavorativa sono stati raggruppati nelle seguenti categorie:
• sintomi legati alla SM
• ambiente lavorativo
• attitudine personale al lavoro
• atteggiamento degli altri sul posto di lavoro
• considerazioni finanziarie e considerazioni personali
Il maggiore impatto negativo è risultato determinato da alcuni sintomi come fatica e debolezza, da una temperatura non adeguata dell’ambiente di lavoro e da aspetti legati all’attitudine personali, come ad esempio il sentirsi ansiosi, stressati, sopraffatti e non motivati.
Incidono negativamente anche una scarsa qualità della vita, la gravità di malattia e fattori demografici (vivere nel sud Italia o nelle isole, un minore livello di istruzione), che diminuiscono in modo significativo il mantenimento del lavoro.
Ma ci sono anche altri aspetti percepiti come rilevanti per il mantenimento del lavoro. Tra le disposizioni personali risulta favorevole avere un atteggiamento ottimistico, una buona motivazione e l’interesse nel lavoro, essere consapevoli delle proprie capacità, avere buone interazioni sociali e risorse emotive, godere di un buon supporto familiare e continuare a svolgere un ruolo definito all’interno della famiglia.
Per ciò che riguarda l’ambiente di lavoro sono risultati aspetti positivamente rilevanti la possibilità di lavorare stando seduti, la programmazione flessibile, la possibilità di riposi, un gruppo di lavoro stabile, una temperatura ambientale adeguata, il trasporto e parcheggi accessibili, la possibilità di organizzare il proprio ritmo lavorativo, l’area di lavoro comoda ed accessibile, insieme ad avere una malattia stabile.